Rubrica: "In memoria delle vittime del terrorismo e vittime del dovere." ep.1

STORIE DI EROI DEI NOSTRI TEMPI. 

La Rete civica delle donne nel mese della legalità ha pensato di dover dedicare uno spazio alle vittime del dovere, disarmate, partendo dall’ analisi di un libro del giornalista Luca Rossi, del 1992 (I DISARMATI, Falcone, Cassarà e gli altri).

Per questo abbiamo scelto di aprire una rubrica dove pubblicheremo degli articoli dedicati a storie di donne e uomini che hanno scelto di servire lo Stato, la legalità, fino all'estremo sacrificio. 

Vogliamo iniziare con con la storia di Antonino CASSARA’.

Ninni CASSARA’

Antonino Cassarà (detto Ninni) era Vicedirigente della Squadra mobile di Palermo, era riconosciuto come uno dei migliori investigatori della Polizia di Stato del capoluogo siciliano.

Si era occupato di molte operazioni contro la mafia, insieme al suo amico e stretto collaboratore Beppe Montana, sotto il coordinamento del pool antimafia della procura di Palermo.

CASSARA’ trasformò la sezione in un ufficio che si occupava esclusivamente di mafia, poi cominciò a scegliere personalmente gli uomini che ne avrebbero dovuto far parte. La scarsità di mezzi (quattro vecchie automobili, niente soldi, niente computer) portava gli uomini della Mobile a farsi prestare mezzi da parenti e/o amici. Lo stesso CASSARA’ per girare senza pericolo nelle zone di Palermo alla ricerca di latitanti, si faceva prestare la 127 di suo padre, ogni volta mimetizzata da Francesco Accordino, della sezione omicidi, con targhe di auto mandate al macero.

Poi adottò un metodo di lavoro rivoluzionario per l'epoca: ogni squadra avrebbe indagato autonomamente secondo gli incarichi ricevuti, ma tutto sarebbe stato condiviso con le altre squadre: briefing mattutino in cui ciascuna squadra riferiva delle indagini del giorno precedente, circolazione delle notizie fra tutti, nuovi input ed elaborazione delle informazioni fino al minimo particolare. Non veniva tralasciato nulla, nemmeno indizi che a prima vista potevano sembrare irrilevanti.

Cassarà diceva: "Noi non siamo come loro", perché criminale è anche chi decide di ricorrere ai loro stessi mezzi, ancorché per perseguire un fine diverso. E’ molto più di un rimprovero, è un comandamento: siamo diversi Noi da quella 'montagna di merda'.

'Noi' abbiamo il nostro senso dello Stato, la nostra umanità e non siamo colpevoli di procurare sofferenze al prossimo.

Se da un lato è necessario scegliere tra il bene e il male, dall'altro risulta altrettanto necessario identificare il confine tra le due accezioni e non confondersi con ciò che vi è oltre: la Mafia. Sono le nostre azioni, più delle nostre parole, a rivelare ciò che siamo veramente, a definire a quale schieramento apparteniamo.

Il 6 agosto del 1985 l’ANSA batte la notizia:

CASSARA’ cade crivellato da un numero quasi incalcolabile di proiettili, viene colpito alla testa l’Agente ANTIOCHIA che muore 20 minuti dopo il ricovero in ospedale., viene ferito leggermente l’altro agente, Giovanni LERCARA.

Antonino Cassarà aveva dedicato la sua vita alla lotta alla mafia, con i suoi sogni, il suo impegno, le sue passioni.

Rosalba sua sorella, disse:

“La morte di mio fratello è sicuramente un seme che è stato gettato, che fiorirà e darà un mondo migliore, quello in cui tutti noi speriamo. Perché è dal sangue degli innocenti che nasce la speranza degli uomini giusti”.


                          (articolo a cura della Presidente Dott.ssa Antonella Sambruni)



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